Rosa da Tivoli pittore bucolico
Nella nostra collezione di dipinti abbiamo il piacere di annoverare questo artista, che per qualità e vividezza nell’esecuzione occupa un posto di tutto rilievo nella storia dell’arte dove è indubbia la ragguardevole fortuna critica e commerciale che raggiunse, tanto che le sue opere erano collezionate in tutta Europa. Le sue opere sono conservate nei più importanti musei quali il Palazzo Doria Pamphili a Roma, suoi dipinti autografi sono presenti al Museo dell’Hermitage, al Paul Getty Museum di Los Angeles e infine al Castello Sforzesco, e le si possono trovare anche nelle prestigiose collezioni degli istituti di credito come quella della Banca d’Italia.
Dipinto di Rosa da Tivoli conservato al Complesso monumentale della Pilotta Parma
Fu un pittore ed incisore tedesco del periodo barocco. Nato a Francoforte sul Meno nel 1657, apparteneva ad una nota famiglia di pittori e incisori tedeschi: suo padre era Johann Heinrich Roos, (1631-1685) il più importante pittori di animali tedesco del XVII secolo. Si formò ad Amsterdam seguendo la tradizione olandese di ispirazione italiana di pittori come Berchem e Dujardin e giunse in Italia nel 1677 con una borsa di studio del Langravio di Assia, a condizione che ritornasse presso la sua corte. Tuttavia, disattendendo le condizioni del Langravio, non ritornò mai più in Germania. Studiò a Roma presso Giacinto Brandi, la cui figlia Maria Isabella sposò nel 1681, dopo aver abbracciato la Fede cattolica. Si specializzò nella pittura di genere e di paesaggio, sulla scia della maniera di Gaspard Dughet, Pieter Mulier e di Pieter Van Bloemen.
Roos allevava personalmente gli animali che dipingeva nei pressi di questa casa sgangherata, che per questo era detta “l’Arca di Noè”. La casa si trovava nel rione San Paolo, ancora oggi detto “vicolo del Riserraglio”. Gino Mezzetti, storico locale, ha scritto: «Per questa arteria, si usa far derivare il nome da quell’ambiente sbarrato, sito nella silenziosa piazzetta del rione, in cui il pittore tedesco Philipp Roos, detto Rosa da Tivoli (perché lavorava specialmente nel Tiburtino) rinchiudeva svariate bestie in un serraglio, che poi riproduceva nei suoi apprezzati quadri alcuni dei quali sono tuttora nella Pinacoteca Vaticana. Dal serraglio degli animali al “rinserraglio” e quindi al “Riserraglio” il passo è breve. Anche vicolo del Pittore, in via del Duomo, ha preso nome dall’artista, che in quella piccola arteria senza uscita abitava». A partire dal 1691 visse principalmente a Roma, dove divenne membro della Schildersbent (clan dei pittori) con il soprannome di “Mercurius”, per la velocità con cui eseguiva i suoi dipinti e per la facilità con cui dipingeva. Questa rapidità di esecuzione gli era particolarmente utile: infatti, spesso senza denaro, dipingeva uno o due quadri che faceva vendere al suo domestico ad un qualsiasi prezzo per poter pagare il conto della locanda. Visse in modo deliberatamente libero, refrattario alle regole e dissoluto e, come spesso accadeva, allora come oggi, morì in miseria. La maggior parte delle sue opere rappresenta animali domestici con i propri mandriani nella campagna romana. Gli animali, come nel nostro dipinto, sono generalmente dipinti in primo piano e dominano la scena, mentre il paesaggio si intravvede al di sotto. Roos stende la sua pittura ad impasto rendendo i mantelli, la posizione e i movimenti di ogni specie con grande talento. Come si può notare anche nell’importante dipinto che qui proponiamo. Negli anni intorno al 1680 l’artista generalmente ritraeva piccoli gruppi di animali (pecore e capre, spesso guidate da un caprone con corna ricurve), con i pastori di lato in abiti grezzi, vicino agli animali. Lontano valli selvagge si alternavano a pareti scoscese illuminate da una luce giallo-bruna; le montagne distanti erano rese con i toni dell’azzurro. Sullo sfondo spesso erano dipinte antiche rovine. Intorno agli anni ’90 del XVII secolo, Roos dipinse soprattutto paesaggi.
Complessivamente i suoi quadri sono caratterizzati da un tono spettrale, tetro e selvaggio. Inoltre Roos riusciva a trasformare motivi paesaggistici naturali in visioni insolite e ricche di movimento. Una rappresentazione diretta della Natura, da osservatore attento e presente sul posto, solitario testimone della scena raffigurata. Anche se in genere quest’artista dipingeva paesaggi e animali, tuttavia era in grado di realizzare composizioni più complesse, come testimoniato dal disegno Deposizione dalla Croce, ora al Jean Paul Getty Museum negli USA. Altre sue opere figurano a Firenze (Uffizi), Madrid (Prado), Dresda (Gemaeldegalerie), oltre che presso prestigiose collezioni private.
Dipinto di Rosa da Tivoli conservato al Museo del Prado Madrid
Lo stile di Philipp Roos, uomo sanguigno e poco disposto ai compromessi, rifletteva il suo metodo di lavorare. Era infatti caratterizzato da un utilizzo di pennellate intense, a volte quasi grossolane e da un forte contrasto tra luce e ombra. Questa personale maniera era piuttosto popolare e attrasse vari imitatori. Le sue opere certe sono veri e propri ritratti di animali domestici con i pastori nella campagna romana. Gli animali, come abbiamo visto, in primo piano, sempre protagonisti, l’uomo più piccolo o assente, il paesaggio spazioso e distante. Roos agita morbidamente una pittura a impasto dipingendo con cura i mantelli degli animali, in diverse posizioni e movimenti, con spontanee composizioni.
Negli anni ’80, nella prima laboriosa maturità, Rosa componeva piccoli gruppi di animali, soprattutto pecore e capre, guidate da un caprone, con i pastori in secondo piano a controllare gli animali, entro valli e montagne di prevalenti tonalità giallo-brune, dipinte con stesura cremosa. Sul fondo, azzurre montagne contro cieli e nuvole rosati. Talvolta, come quinte, rovine di edifici antichi, in una calma arcadica.
A questo periodo appartengono opere particolarmente intense, che hanno le caratteristiche sopra descritte: figure dominanti del caprone con le corna ritorte, la mucca in primo piano, spesso la capra in riposo con la capretta, a volte una pecora florida di morbida lana, sullo sfondo un paesaggio roccioso, con rovine, aspro e selvaggio. Ripreso al calar o sorgere del sole, con la luce calda del tramonto o dell’alba che sembra originare, come per magìa, dal fondo del quadro. Negli occhi delle sue capre c’è una verità dolente, un’alternativa coscienza del mondo, un’umanità mascherata. Come dirà Umberto Saba: «Ho parlato a una capra, / Era sola sul prato, era legata. / Sazia d’erba, bagnata / dalla pioggia, belava. / Quell’uguale belato era fraterno/ al mio dolore. Ed io risposi, prima / per celia, poi perché il dolore è eterno, / ha una voce e non varia. / Questa voce sentiva / gemere in una capra solitaria. / In una capra dal viso semita / sentiva querelarsi ogni altro male, / ogni altra vita». Lontane, sul fondo, nuvole grigie e rosa, contro l’inconfondibile cielo azzurro. Fresca e densa la pittura, come nessuna rende il manto degli animali. Più avanti, negli anni ’90, Roos dipingerà prevalentemente paesaggi.
Tutti insieme i suoi quadri, epopea bucolica, e mai metaforica, degli animali, nel loro quieto abitare il mondo degli uomini, raccontano di un popolo parallelo, in paesaggi remoti e incontaminati. La pittura di Roos si mostra in pennellate mosse e dense, con formidabili e fragranti effetti cromatici. Altri pittori di animali, come Domenico Brandi e Nicola Viso, sono stati talvolta scambiati, per il genere, non per la qualità irraggiungibile di Philipp Roos, nel mimetismo rispetto al vero, con il caposcuola Rosa da Tivoli. Nella florida bottega, anche fratelli e figli dell’artista, come era stato nella bottega pastorale dei Bassano, continueranno, generando deliberatamente equivoci, a dipingere gli stessi soggetti.
Il prof. Giancarlo Sestieri, di cui pubblichiamo l’expertise nella galleria delle immagini, è certamente uno dei massimi studiosi di questo grande artista, considerato il più importante esponente del genere “bucolico e arcadico”.
Un Rosa da Tivoli autografo della nostra collezione
Bibliografia
• Julius Samuel Held, Detroit Institute of Arts, “Flemish and German paintings of the 17th century”, 1982, pag.73-74-75
• Musée du Louvre, Frédéric Villot, “Notice des tableaux exposés dans les galeries du Musée impérial du Louvre”, pag.221
• Musée des beaux-arts, Clara Gelly, “Nancy, Musée des beaux-arts: peintures italiennes et espagnoles, XIVe-XIXe siècle”, 2006, pag.141-142