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De Munari Antiquariato | Vicenza / Dipinto olio su tela raffigurante chiesa di montagna di Lino Perissinotti

Dipinto olio su tela raffigurante chiesa di montagna di Lino Perissinotti

Dipinto olio su tela raffigurante chiesa di montagna di Lino Perissinotti ( Treviso 1897 – Chiavari 1867).

Misure con cornice altezza 75 cm x lato 65 cm.

Descrizione

Dipinto olio su tela raffigurante chiesa di montagna di Lino Perissinotti ( Treviso 1897 – Chiavari 1867).

Firmato e datato 1952 in basso a destra.

Misure con cornice altezza 75 cm x lato 65 cm.

Trascorre l’infanzia a Piazzola sul Brenta e qualche anno in Calabria, dove il padre si era trasferito per motivi di lavoro.

Fin da bambino dimostra una grande passione per il disegno e per il colore che lo indurrà a manifestare, ancora giovanissimo, l’intenzione di abbandonare i regolari corsi di studio. A quindici anni, infatti, incoraggiato da Ettore Tito, che aveva rilevato, nelle opere iniziali, una non comune predisposizione e sensibilità, inizia a dedicarsi esclusivamente alla pittura.

Presentatosi agli esami come autodidatta, si diploma nel 1914 all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Nello stesso anno inizia ad insegnare alla Scuola Normale di Padova. Partecipa, anche in zona d’operazione, alla prima guerra mondiale, come soldato semplice, avendo rifiutato, per motivi ideologici, i gradi. Dopo l’armistizio si stabilisce per un breve periodo a Roma, dove, nel 1920, tiene la prima personale alla galleria Giosi. Ritorna quindi a Piazzola sul Brenta, già allora piccolo centro industriale, dove ha lo studio e dove utilizza come modelli gli operai delle fabbriche.

Negli anni 1920-23 insegna a Vicenza e a Verona.

Attorno al 1924 è frequentemente a Chioggia.

Dal 1921 inizia a partecipare a diverse mostre nazionali e regionali e a esporre regolarmente, fino al 1931, alla Mostra regionale d’arte pura e decorativa di Vicenza sovente presente con numerose opere e sale personali.

Nel 1922 vince il concorso per un quadro storico, indetto per il settecentenario dell’Università di Padova, con il dipinto Galileo a lezione finita(medaglia d’oro).

Nel 1923 si trasferisce a Ferrara dove svolge attività antifascista.

Nel 1926 partecipa per la prima volta, su invito – con il dipinto Dopo lo schianto – alla Biennale di Venezia, dove sarà nuovamente presente, sempre su invito, nel 1935 (alla mostra del Quarantennio della fondazione), nel 1936, nel 1942 (con una personale) e nel 1948.

Nello stesso anno, avendo anche rifiutato di iscriversi al partito fascista, è costretto ad allontanarsi dall’insegnamento, per non essere espulso d’autorità per motivi politici.

Lascia quindi Ferrara, dove era nota la sua opposizione al regime, e soggiorna per un periodo a Santa Margherita Ligure.

Inizialmente la sua pittura si orienta tra un simbolismo a sfondo umanitario e una attitudine realistica che affonda le sue radici in quell’umanitarismo socialista che trova la sua massima espressione ne Il Quarto Stato di Pellizza. Dipinti e serie di disegni, aventi come tema i lavoratori e umile gente della strada, indicano infatti la volontà dell’artista di farsi interprete della dignità del mondo operaio e contadino.

Dopo il 1926 vive a Piazzola sul Brenta, spostandosi frequentemente a Bologna.

Nel 1927 il suo dipinto Un cieco di guerra, che nello spirito dell’artista era critico nei riguardi dell’interventismo e più in generale di qualsiasi guerra, viene prescelto insieme ad un’opera di Plinio Nomellini e riprodotto “in migliaia di esemplari di notevoli dimensioni” e cartoline, a cura dell’Istituto Propaganda d’Arte di Bologna, travisandone del tutto il messaggio.

Il trasferimento a Roma, nel 1933, coincide con l’abbandono quasi totale dei soggetti di figura e con la decisa scelta di motivi di paesaggio, anche in polemica con il fatto che la rappresentazione della figura costituiva il cardine della pittura ufficiale del Novecento di regime. In questa nuova linea i suoi interessi si rivolgono ad una pittura di potente tessitura tonale avente come soggetti vedute della Roma che andava scomparendo, e periferie cittadine.

In questo senso la sua pittura ha una certa consonanza con le coeve esperienze della Scuola romana, di Mafai e di Pirandello, pur distinguendosi per una scelta cromatica in cui rivive la memoria dell’originaria ascendenza veneta dell’artista.

Gli anni 1926-1936 sono tra i più produttivi dal punto di vista artistico. Nel 1935 inizia la sua partecipazione alla Quadrien­nale romana, dove espone fino al 1948, invitato sempre con un gruppo di opere.

Nel 1936 riprende l’insegnamento dopo essere riuscito a far distruggere il suo fascicolo personale, politicamente sfavorevole, presso il Ministero dell’Educazione Nazionale

Nello stesso anno, suggestionato dal paesaggio ligure, si trasferisce definitivamente in Liguria, a Lavagna, dove aveva a lungo vissuto ed era morto Gaetano Previati. Perissinotti si fa promotore dell’apposizione di una lapide sulla casa dell’artista ferrarese. La cerimonia avverrà il 2 marzo 1937 (cfr. F. Ragazzi (a cura di) Gaetano Previati, catalogo,Villa Grimaldi-Gentile, Lavagna, De Ferrari ed., 2005, nota 15 p. 33)

La sua pittura conserva il tonalismo delicato che ha caratterizzato la produzione dei primi anni trenta, accrescendosi di una suggestione quasi metafisica nel restituire atmosfere e silenzi della campagna, di scorci di paese e della riviera ligure.

Nel 1942 è nominato accademico di merito dell’Accademia Ligustica.

Negli anni della guerra è in contatto con esponenti della Resistenza e, nel 1945, è membro del C.L.N. di Lavagna.

Negli anni 1945-52 si dedica nuovamente allo studio della figura.

Nel 1952 si trasferisce definitivamente a Chiavari.

Nel contempo la sua visione paesistica si apre su più vasti orizzonti, ed egli esegue tele con ampi paesaggi della pianura con a sfondo le colline. S’imposta così quello stile paesistico tipico del periodo degli anni liguri di Perissinotti, caratterizzato, oltre che da una aderente attenzione agli aspetti della natura, da un dilagare vasto della luce che sempre impregna i suoi dipinti.

Gravi disturbi di salute cominciano, negli anni ’50, ad ostacolare la sua attività. Benché costretto ad una vita sempre più ritirata, non rinuncia al suo impegno d’artista e dipinge, anche se con forzata irregolarità, fino al 1967, anno della sua morte.

Le opere dell’ultimo periodo sono caratterizzate da una semplificazione di piani intrisi di luce, da predominante tonalità di azzurro, densa di significati psicologici: come una sofferta meditazione intellettuale su aspetti e forme di quel paesaggio che ha costituito il principale motivo della sua ispirazione.

E’ stato presente ad importanti rassegne italiane ed estere.

Ampie retrospettive si sono tenute a Genova, Museo dell’Accademia Ligustica,1977; a Chiavari, Sede della Cassa di Risparmio,1977; nel paese natale dell’artista, Oderzo (Treviso), Pinacoteca A. Martini, 1982; a Genova, Arte Casa, 2003; a Torino,Galleria Berman, 2004.

Negli stessi anni sue opere sono state presentate in importanti rassegne nazionali, quali Il Novecento Italiano 1923-1933, Palazzo della Permanente, Milano 1983; Uomini e luoghi del lavoro. Artisti del ‘900, Palazzo Medici-Riccardi, Firenze 1984; Genova. Il Novecento, l Centro dei Liguri, Genova 1986; Realtà e magia del Novecento italiano in Liguria e Presenze liguri alle Biennali di Venezia, Palazzo Ducale, Genova 1995; Sguardi sul Novecento. Anteprima di un progetto per i Musei di Nervi, Fondazione Cassa di Risparmio, Genova 2002; La bellezza della Croce, Museo della Santa Casa, Loreto 2005; Quarta Triennale d’arte sacra, Lecce 2006; L’olivo nell’arte, Imperia 2006; CapoLavoro. Arte e impegno sociale nella cultura italiana attraverso il novecento, Museo di Santa Giulia,Brescia 2014.

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