Ceramica Lenci
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LENCI |
Nel 1919, Helen Konig e il marito Enrico Scavini, fondano a Torino, in via Marco Polo 15, una piccola fabbrica artigianale di giocattoli in legno e mobili da bambola.
Dopo alcuni mesi di attività mettono in produzione una serie di bambole in feltro che riscuote presto un grande successo commerciale cosi la ditta “Lenci” (sigla ricavata dal diminutivo di Helen, Elenchen, dato dal marito alla proprietaria e poi nobilitato come acronimo di “Ludus et nobis constanter industria”, si trasferisce nei locali di via Cassini 7, assume centinaia di dipendenti e inizia ad avvalersi della collaborazione di alcuni famosi artisti quali Sandro Vacchetti, che ricopre anche l’incarico di direttore artistico della produzione e Gigi Chessa.
Nel 1925 la ditta partecipa con le sue bambole all’Esposizione di Arti Decorative di Parigi dove vince tre Grand Prix, sette diplomi d’onore, sei medaglie d’oro e tre d’argento.
Intorno al 1928, forse influenzata dal successo delle figurine femminili in porcellana di produzione danese e austriaca, la “Lenci” decide di intraprendere la produzione della ceramica e nello stesso anno presenta le prime creazioni all’Esposizione Internazionale di Torino riscuotendo subito un importante successo e il plauso di Giò Ponti.
Sempre nel 1928 la produzione della manifattura si affaccia oltre i confini nazionali con la mostra alla Callows Gallery di Londra.
Nel 1929 le ceramiche “Lenci” sono presentate, in una personale dedicata alla ditta, nella Galleria d’Arte Pesaro di Milano.
Nel 1930 la ditta partecipa, sempre con grande successo, alla prestigiosa “Galleria della Ceramica” della IV Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa e Industriale Moderna di Monza
Utilizzando un biscotto finissimo, ottenuto da una mistura di caolini nazionali con l’aggiunta di terra d’Olanda, una cottura in forno a mille gradi e l’uso di mezzetinte ricche di trasparenze consentite dall’uso di colori dati sottovernice, la produzione raggiunge risultati di altissimo livello qualitativo.
Sebbene la produzione è imperniata sui multipli, realizzati a colaggio ma decorati sempre singolarmente, grazie alla collaborazione di una ventina di grandi artisti le creazioni della “Lenci” valicano i confini dell’artigianato per raggiungere risultati plastici e cromatici della scultura d’arte.
Oltre ai già citati Vacchetti e Chessa collaborano con la “Lenci” artisti di grande valenza come Giovanni Grande e la moglie Ines Panchieri Grande, Mario Sturani, Felice Tosalli, Abele Jacopi, Michele Polito, Beppe Porcheddu, Giulio da Milano, Giovanni Riva, Clelia Bertetti, Massimo Quaglino, Paola Bologna, Claudia Formica, Teonesto Deabate, Nillo Beltrami, Lino Berzoini, Renata Ponti, Otto Maraini, Valerio Pisano, Bona Sancipriano, Camillo Ghigo e i fratelli Giovanni, Giuseppe, Tina e Antonio Ronzan oltre a numerosi artigiani formatori, plasmatori e decoratori, spesso di grandi capacità.
Tra il 1928 e il 1931-32 la produzione raggiunge i massimi livelli stilistici e qualitativi con la realizzazione di modelli plasmati dagli artisti e decorati sotto il loro stretto controllo.
Di questi anni è la collaborazione esterna di Alessandro Mola
La produzione di questo periodo è riconoscibile per la numerazione dei modelli fino a 420 riportata sotto la base dei lavori eseguiti
Nonostante il successo ottenuto la “Lenci” si trova presto in difficoltà a causa degli elevati costi di produzione e già nel 1931 Clelia Bertetti lascia la casa torinese e fonda “Le Bertetti” seguita nel 1933 da Sandro Vacchetti che apre, insieme a Nello Franchini, la “Essevi“.
Nel 1934 la direzione artistica della ditta passa a Mario Sturani che detiene l’incarico fino alla definitiva chiusura della ditta avvenuta nel 1964.
I modelli realizzati tra il 1931 e il 1936, alcuni di grande qualità e altri di sapore più commerciale, sono riconoscibili dal numero del modello compreso tra il 421 e il 1160.
Al 1936 risale l’ultima apparizione della fabbrica ad una importante manifestazione che vede le ceramiche “Lenci” presenti alla VI Triennale d’Arte di Milano.
Nel 1937, a causa di un grave dissesto finanziario, la signora Scavini è costretta a vendere la ditta al sig. Beppe Garella di Torino che, sotto la stessa denominazione, continua la produzione senza però più raggiungere i risultati stilistici della precedente gestione.
Negli anni immediatamente precedenti il secondo conflitto mondiale collabora con la ditta anche Giovanni Girardi.
La produzione del dopo guerra è individuabile dai numeri dei modelli a partire dal 1170 fino alla più recente numerazione alfanumerica.
Nel dopoguerra la ditta continua a produrre i modelli di maggior fortuna affiancati da nuove produzioni di minor rilievo artistico ma, nei primi anni Cinquanta, grazie alla creatività e al genio del direttore artistico Mario Sturani, entrano in produzione nuovi modelli di grandi qualità artistiche e di grande successo.
Negli anni successivi, oltre al proseguo della collaborazione di Helen Konig anche la figlia Anili Scavini realizza per la ditta alcuni modelli.
Nel dopoguerra tra i collaboratori della ditta troviamo il modellatore Sciancalepore.
Tra i vari marchi della manifattura, tutti facilmente riferibili alla ditta, ne ricordiamo uno, che si può trovare essenzialmente sulle ceramiche plasmate dalla Scavini, costituito dalla sigla “ICNEL” e quindi non facilmente riconducibile ai lavori della manifattura.
La produzione cessa definitivamente nel 1964.
Tra i pezzi acquisiti dalla nostra galleria possiamo ricordare il “Freccia rossa” un piccolo sciatore raffigurato a spazzaneve, la “Signora Zizi” raffigurata in vestito blu mentre porta a passeggio due cani, e il “bimbo con sigaro” vestito in bianco e nero raffigurato mentre fuma il sigaro.